Crescendo in Asmara, mai avrei creduto che nel mondo ci potessero essere mamme di serie A e di serie B. Ok potevo capire la ricchezza, la differenza di educazione, di colore, di religione. Ma i diritti umani non dovrebbero essere uguali anche per tutte le donne e le mamme?
Da nove anni in Italia faccio la mediatrice culturale e volontaria. Le scene come quella della mamma Asmara (nome fittizio) con il suo piccolo per le strade di Milano o Roma o Bologna sono ormai un consueto. Loro sono di passaggio in Italia, non vogliono stare qui. Perché hanno cari da raggiungere in nord Europa. Familiari che le aspettano, spesso anche altri figli. Quindi per non dover finire intrappolate in Italia per via del Regolamento di Dublino preferiscono rischiare tutto: sciacalli, trafficanti eritrei, italiani e di altre cittadinanze pronti a tutto per spillare soldi ai familiari.
Molte altre come lei sono arrivate nelle giornate scorse alla stazione di Milano.
Se non fosse per persone come Magda, Bianca, Rahel, volontarie di comitato Cambio Passo non avrebbero abiti,cibo e medicine. Sopratutto oltre loro non vedrebbero facce amiche. Io sono rimasta sconvolta dallo stato in cui si trovano queste persone all'arrivo a Milano: stanche, malate di diarrea, affamate.
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Senza casa e senza garanzie, Milano |
il viaggio di queste donne non finisce in Italia. Non vogliono rilasciare le impronte alle autorità milanesi che si barricano dietro leggi e altre lentezze burocratiche, che non vedono le esigenze urgenti di queste persone.
Se non possono guadagnare attraverso i fondi EU (che hanno grazie ai richiedenti asilo), non vedono il motivo per cui dovrebbero spendere dalle casse del Comune di Milano. Questo è ingiusto è va contro ogni forma di accordi storici presi sulla tutela dei diritti umani.
Questo problema non è isolato a Milano, ma queste persone passano da Bologna. Arrivano da Roma e viaggiano, viaggiano. Destinazione: una nuova casa temporanea, assistenza medica, formazione professionale magari, un lavoro.
Tutto in attesa, per molti di loro di tornare a casa un domani in Eritrea. Quindi quello che manca è un corridoio umanitario, come dice Alganesh Fessaha dell'ONG Gandhi "Hanno bisogno di assistenza, non di blocchi. Hanno bisogno di un corridoio umanitario permetta loro di raggiungere familiari in altri Stati Europei, oltre al paese dove sono state rilevate le impronte e fatta la foto segnaletica. La maggioranza degli eritrei (oltre 30 mila richiedenti asilo) puntano a raggiungere la Germania o la Svezia, solo una piccolissima percentuale fa domanda in Italia".
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Alganesh Fessaha |
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